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Il mio viaggio a Santa Maria della Pietà

Il mio viaggio a Santa Maria della Pietà: l'ex manicomio di Roma, il più grande d'Europa
"Visto da vicino, nessuno è normale" (Franco Basaglia) 
Per molto tempo l’ospedale psichiatrico “Santa Maria della Pietà” è stato definito “città dei matti”. Una vera e propria città nella città, con 130 ettari e ben 41 padiglioni immersi in un grande parco, costruita per “ospitare” al suo interno tutte le persone considerate “pazze”, che soffrivano di disagi mentali o di problemi psicologici di varia natura, a cui erano destinati trattamenti aberranti, come l’elettroshock, le camicie di forza e la lobotomia.
Decidere di venire in questo luogo non è stato né semplice, né immediato.
Ho dovuto prima documentarmi ed entrare dentro una realtà che nessuno ama guardare e ricordare.
Si sentono ancora le grida, la sofferenza inaudita. Mentre mi addentravo nel padiglione, ho sentito anche tanta speranza. 
Fortunatamente la legge Basaglia del 1979 ha messo fine a queste tristi pagine di sofferenza, anche se l’ospedale psichiatrico è stato definitivamente chiuso solo nel 1999. 
Il mio reportage fotografico parte proprio da quelle pagine di vita strappate, immaginando cosa potesse accadere dietro quelle finestre, da dove provenivano urla e lamenti strazianti. Entrare in uno dei padiglioni è stato come vivere quella sensazione di profondo abbandono sociale di cui parlano i vari articoli su cui mi sono documentata.
LA POESIA PER USCIRE DALLA MENTE
Difficile immaginare i dolori vissuti in manicomio, perché l’argomento è sempre stato considerato un grandissimo tabù.  Descrivere quell’inferno è impossibile se non lo si è vissuto in prima persona. Solo le parole di chi è riuscito a sopravvivere a questa terribile esperienza, possono restituire il senso di ciò che non ha senso.
Come i bellissimi versi di Alda Merini, ricoverata per ben tre volte in questo ospedale.
Il dolore della malattia mentale è qualcosa che ti urla dentro e non riesce a uscire. Il dolore che ti avvolge in manicomio a volte è solo un pretesto per una condanna più grande, una calunnia del destino, o forse un castigo di Dio. Sono convinta che dal dolore possa nascere una grande passione per l’Aldilà. Si vorrebbe morire, però al tempo stesso si ha la speranza di vivere. (A. Merini)
Sono tanti i passaggi nei suoi scritti ed interviste in cui la Merini parla della solitudine e del silenzio che si prova in manicomio.
Un silenzio grave ed ingombrante, spezzato, a volte, solo dalle grida penetranti di chi era legato al proprio letto con fascette a polsi e caviglie. (A. Merini)

La follia è una delle cose più sacre che esistono sulla terra. È un percorso di dolore purificatore, una sofferenza come quintessenza della logica. La follia deve esistere per se stessa, perché i folli vogliono che esista. Noi la chiamiamo follia, altri la definiscono malattia. (A. Merini)

Ero matta in mezzo ai matti. I matti erano matti nel profondo, alcuni molto intelligenti.
Sono nate lì le mie più belle amicizie. I matti son simpatici, non così i dementi, che sono tutti fuori, nel mondo. I dementi li ho incontrati dopo, quando sono uscita. (A. Merini)

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